sabato 24 maggio 2014

Volodymyr Bilyk, Things, maggio 2014

Volodymyr Bilyk, Thigns. Calligrammes, Asemic Writings, Vispo, Lecce (Ita), Unconventional Press, may 2014



Dall'introduzione
Movimento e costruzione dello spazio
di Francesco Aprile, 2014-05-24

volodymyr bilyk è scrittore, traduttore, poeta sperimentale. ha aderito al movimento letterario “new page” fondato da francesco saverio dòdaro. un suo quaderno di poesia verbo-visiva è pubblicato nella serie “this is visual poetry”, altre uscite verbo-visive sono edite per “no press” con per titolo “scobes”, mentre per “white sky ebooks” pubblica “cimesa”, una short stories asemantica. ha pubblicato il libro di poesie “casios pay-off peyote” per “the red ceilings press”. è presente in “the new post-literate”, “a-minor magazine”, “rem magazine”, “Cormac mc carthy’s dead typewriter”, “the otoliths”, “altered scale”, “ex-ex-lit”, “maintenant”, “apparent magnitude”, “the gin mill cowboy”. suoi lavori sono esposti in “bright stupid confetti asemic show”, “yoko ono fan club”, “venti leggeri”. ha tradotto, fra gli altri, ezra poung, gertrude stein, jack spicer, mina loy, james joyce, kurt schwitters, anne waldman. 

dick higgins, poeta sperimentale che ha fatto parte del gruppo “fluxus”, ha teorizzato, nei primi anni ’60, il concetto di “intermedia”, portato a compimento, nel 1965, col saggio omonimo pubblicato sulla rivista “something else newsletter” edita da “something else press” da lui stesso fondata nel 1963. dal concetto di inter, intra, in mezzo, ha teorizzato la possibilità per le diverse pratiche artistiche di muoversi nel mezzo, fra di esse, con ambiti di reciprocità che le porterebbero a dialogare in un tessuto unico, senza barriere. nel 2006, henry jenkins, alla luce delle evoluzioni nel campo dei new media, parlava di “comunicazione transmediale” (multiplatform) indicando come punto nodale il movimento convergente che si realizza, attraverso le nuove tecnologie, fra i diversi tipi di media. e di movimento bisogna parlare nell’opera verbo-visiva del poeta ucraino volodymyr bilyk. movimento e costruzione dello spazio. sempre dick higgins ha avuto modo, nella sua attività teorica oltre che di pratica artistica, di dare luogo ad una classificazione delle diverse correnti sperimentali. di questa classificazione ci interesserà la distinzione fra la corrente italiana e quella americana della poesia visiva. la prima, individuata dalla definizione di eugenio miccini, appunto “poesia visiva”, è definibile secondo i criteri di guerra semiologica e di uso dialetticamente critico dei linguaggi mediali. la seconda, la corrente americana, inquadrabile nella dicitura di “visual poetry”, porta con sé la costruzione di opere che oscillano, attraverso le componenti del linguaggio (lettere ecc) fra poesia visiva e poesia concreta. a partire da questa seconda classificazione è possibile parlare del movimento che intercorre nell’opera di bilyk. un movimento al contempo inter e transmediale. se da un lato la capacità di catturare immagini registra un primo movimento nel rapporto uomo-mondo che a queste appartiene, nutrendole, dall’altro questo movimento interno, su due livelli, ad un primo livello è nell’uomo e nella sua capacità intrinseca di legarsi, leggendole, alle immagini, ad un secondo, invece, appare esterno all’uomo ed interno all’opera che contemporaneamente oscilla fra calligrammi, poesia concreta, visual poetry e scritture asemantiche. la condizione transmediale, invece, si registra non più sull’utilizzo coesistente di differenti codici autorali, e neppure nella condizione decentralizzante il rapporto autore-utente che jenkins riteneva fondamentale nella comunicazione transmediale, bensì nella pratica che è insita nell’etimo stesso del termine, un al di là della condizione mediale che è nel principio stesso della digitalizzazione e nel tratto etereo della net poetry, il coadiuvarsi di differenti tipologie di media, che dal materiale-manuale sfociano nell’immateriale-effimero della virtualizzazione. in questo uscire dai media per rientrarvici per uscirne ancora si condensa l’esperienza dell’autore, sempre teso ad una costruzione spaziale della visual poetry, nell’abitazione di un linguaggio in movimento.